Nonostante ci si trovi in piena era di sales automation, l’attenzione nei confronti delle tecniche di vendita non dà alcun segno di cedimento. Il motivo è facilmente intuibile: la tecnologia è un supporto fondamentale per l’attività di vendita, ma la capacità di fornire al proprio interlocutore esattamente ciò che si aspetta resta un fattore squisitamente umano.
Oltretutto, tale capacità è stata considerata a lungo una sorta di dono di natura, confondendo però la professionalità del venditore con quella che può essere un’innata capacità persuasiva. La verità è che le tecniche di vendita si imparano, si perfezionano e, se sono supportate dal giusto spirito e da un corredo tecnologico all’altezza, possono garantire risultati impensabili.
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Difficile dare una definizione univoca delle tecniche di vendita. Di fatto, si tratta del modo in cui il venditore gestisce il rapporto e la trattativa col cliente al fine di massimizzare il successo della sua attività. Cioè, vendere di più. La semplice definizione da manuale è sufficiente per comprendere quanto sia forte il collegamento tra le tecniche di vendita e lo studio del comportamento umano, le modalità di comunicazione, la psicologia e anche il marketing.
Le tecniche di vendita sono moltissime, studiate e codificate in modo preciso. La letteratura in merito, se non è infinita, poco ci manca. Eppure, nessuna strategia di vendita è scolpita nella pietra e, soprattutto, c’è sempre bisogno di adattarla alla situazione specifica. È piuttosto palese il fatto che non esista una tecnica di vendita efficace per tutte le situazioni, né che sia possibile, per il singolo venditore, acquisire dimestichezza con una di esse e poi applicarla in modo meccanico a tutte le trattative che lo vedono coinvolto. Le tecniche non spiegano precisamente cosa fare o, ancor più analiticamente, cosa dire, ma che tipo di legame costruire, come porsi all’interno della trattativa, che obiettivo perseguire in ognuna delle fasi e in che modo costruire quella fiducia che, soprattutto in un contesto di vendita B2B, non può mancare per la chiusura positiva dell’attività.
Espressioni usate spesso come sinonimi, in realtà tecniche di vendita e processi di vendita sono due cose ben distinte e non vanno confuse. Il processo di vendita è il processo end-to-end che comprende tutti i passaggi necessari per trasformare in cliente un prospect.
Per comprendere correttamente questa affermazione, occorre fare un piccolo passo indietro e inquadrare l’attività del team di vendita in relazione al marketing, nella speranza – tutt’altro che certa – che tra i due via sia una qualche forma di coordinamento. Il marketing si occupa, tra le altre cose, della lead generation, ovvero di acquisire contatti potenzialmente interessati ai prodotti o servizi dell’azienda. Tali contatti, sottoposti ad attività di scoring e qualification, giungono poi al team di vendita che procede con l’attività di selezione, organizza incontri e, in questo modo, punta a finalizzare il lavoro. Questa seconda parte dell’attività, che consta anch’essa di diverse fasi progressive, è ciò che si definisce processo di vendita e che serve, appunto, a trasformare un prospect in un cliente e, poi, a mantenerlo tale.
È dunque palese che le tecniche di vendita siano una cosa diversa, un concetto differente, poiché non fanno parte del processo, non sono una sua fase, bensì il modo in cui esso viene portato avanti al fine di ottimizzarlo e, soprattutto, di massimizzarne i risultati.
Si è già detto, e lo si ribadisce anche in questa sede, che una delle principali abilità dei venditori sia adattare le tecniche di vendita alle circostanze concrete, al mercato in cui si opera e agli interlocutori con cui ci si trova a interagire. La letteratura è stracolma di manuali di tecniche di vendita: alcune si fondano sull’obiettivo di stupire il potenziale cliente fornendo soluzioni innovative a problemi di difficile soluzione, altre mirano a intercettarne le esigenze ponendo domande mirate, ma qualsiasi tecnica di vendita efficace non può prescindere da alcuni requisiti, che sono anche i pilastri di un’attività di successo.
Essi si fondano su due elementi che accomunano la stragrande maggioranza, se non la totalità, degli acquirenti: il poco tempo a disposizione e il bombardamento informativo cui sono soggetti nell’era degli smartphone e delle connessioni mobile. È quasi impossibile che il buyer si presenti di fronte al venditore senza un’idea piuttosto precisa dei prodotti di cui sentirà parlare. Magari si è informato direttamente, magari era con un competitor pochi giorni prima, oppure un ottimo team di marketing è riuscito a fargli pervenire le informazioni di cui ha bisogno tramite advertising online. In considerazione di ciò, ecco alcuni ingredienti essenziali di ogni tecnica di vendita che si voglia definire efficace.
Che il venditore conosca il suo prodotto è un dato di fatto. Col termine competenza intendiamo dunque qualcosa di più: in particolare, il venditore deve conoscere perfettamente le dinamiche del mercato e del processo di vendita, di modo tale da anticipare eventuali colli di bottiglia.
Oggi, infatti, le decisioni difficilmente vengono prese da una persona sola: un prodotto che, nell’ambito di una grande azienda, coinvolge per esempio le risorse umane, l’IT e la comunicazione va proposto a tutti i relativi manager. Un buon venditore deve conoscere in anticipo eventuali obiezioni e sapere come superarle, oltre ad anticipare potenziali ostacoli che si possano presentare nel cammino che conduce alla vendita.
Un buon venditore, a prescindere dalla tecnica adottata, deve semplificare tutto il semplificabile. Qui c’entra il fatto che, solitamente, il buyer ha poco tempo e bisogna fare in modo di utilizzarlo completamente per creare quel rapporto di consulenza e fiducia di cui sopra. Non è accettabile, nel 2020, che i processi di vendita diventino estremamente complessi a causa di errori, dimenticanze, o perché non si è aggiornati sull’ultimo prodotto o variante dello stesso. Qui un aiuto importante è dato dalla tecnologia e, esaminando il processo di vendita end-to-end, dalle soluzioni di sales automation.
Vendere è indubbiamente più difficile di un tempo. Perché chi abbiamo di fronte è più competente ed esigente. Proporre un prodotto o un servizio è poco efficace, bisogna fare molto di più: la personalizzazione del servizio, uno dei cardini della vendita al consumatore in ambito retail, si applica anche in questo campo. Attenzione, però, a non compromettere mai la semplicità del processo: assecondare costantemente il cliente aggiustando l’offerta nei minimi dettagli e fornendo un’infinità di informazioni non conduce necessariamente a un buon rapporto e quindi a una vendita. Bisogna fare in modo che la relazione sia sì customer-centric, ma anche semplice, diretta, che fornisca soluzioni e non complichi tutto al solo fine di fornire una soluzione su misura.
Piuttosto, bisogna intendersi sul significato del termine personalizzazione, che ultimamente è sempre più sinonimo di vendita data-driven: lo storico dei rapporti col cliente, le vendite già effettuate in passato, lo stato dell’azienda e i suoi obiettivi possono formare un patrimonio informativo importante su cui impostare e modellare le tecniche di vendita.
Le tecniche di vendita non sono finalizzate unicamente al risultato immediato, cioè a chiudere un contratto, ma a costruire fidelizzazione e un rapporto di lunga durata.
In un contesto B2B, questo fattore è determinante poiché il venditore non si rivolge a una sterminata platea di consumatori, ma a un pool selezionato di decisori aziendali. Portare avanti una trattativa cercando di costruire un rapporto duraturo risulta sempre vincente poiché rafforza quel legame di fiducia che è alla base del successo. Esso inoltre giustifica la regola, tanto vera quanto banale, secondo cui sia molto più semplice vendere a chi è già cliente che conquistarne di nuovi. Viceversa, concentrarsi unicamente sull’atto presente, magari forzando qualcosa per convertire la trattativa in vendita, potrebbe annegare la soddisfazione presente con delusioni future.
Il concetto di venditore proattivo sta ottenendo recentemente molto successo proprio a causa delle esigenze di semplificazione, di efficienza e di costruzione di un rapporto di fiducia tra chi compra e chi vende. Di fatto, il venditore proattivo si pone come colui che risolve un problema al buyer e lo fa proponendo direttamente una soluzione: il punto fondamentale, qui, consiste proprio nel fornire una chiara raccomandazione supportata da ciò che si diceva prima, ovvero competenza di prodotto, di mercato e dei processi aziendali.
Alcune tecniche di vendita si concentrano sui modi in cui le persone decidono, cercando di intervenire su di essi per giungere rapidamente a una decisione.
Con il bombardamento informativo cui ognuno di noi è sottoposto anche in ambito privato, un minimo di diffidenza c’è sempre. Nel mondo B2B è meno marcata che nel B2C, ma bisogna in ogni caso abbattere delle barriere iniziali. Il punto più difficile è contrastare la diffidenza, per quanto essere consapevoli della sua esistenza permetta al venditore di organizzarsi in anticipo.
Visto che è difficile che i prospect abbiano molto tempo a disposizione, un’idea è quella di fornire loro informazioni rilevanti in anticipo rispetto all’incontro usando mezzi poco invasivi, come l’e-mail. Fa parte del modello chiedere incontri brevi, non impegnativi, tali da permettere al venditore di comprendere il punto di vista, le priorità e le reali esigenze dell’acquirente, e sulla base di queste proporre soluzioni concrete, semplici, validate da dati solidi e da un processo rodato di implementazione.
Alcune tecniche di vendita si soffermano sul ruolo centrale delle domande che il venditore dovrebbe porre al potenziale cliente durante l’incontro, disciplinandone modi e toni. Lo scopo è quello di comprendere non solo quali siano i problemi “apparenti” che il prodotto/servizio deve risolvere, ma anche quelli più profondi e, magari, radicati nell’inefficienza di qualche processo aziendale. Obiettivo finale è fare in modo che, parlando di esigenze e necessità, il venditore riesca a conoscere meglio l’azienda cliente, così da poter configurare rapidamente un’offerta su misura.
Il buyer di oggi è molto competente. Non cerca qualcuno che gli venda un prodotto: piuttosto, ha bisogno di poter contare sull’esperienza del venditore per massimizzare la resa del prodotto/servizio che sta acquistando ed evitare errori successivi. Per questo, molte tecniche di vendita suggeriscono al venditore di ritagliarsi, con un combinato disposto di esperienza e competenza, il ruolo del consulente a 360 gradi, di modo tale che il rapporto non si chiuda con il contratto di vendita ma continui a generare effetti benefici nel tempo.
Ci sono prerequisiti per un’ottima attività di vendita, ma anche cose da evitare il più possibile. Alcune sono, di fatto, l’opposto rispetto a comportamenti virtuosi di cui sopra. Per esempio, non essere particolarmente ferrati sulle dinamiche del mercato, complicare il processo aggiungendovi inefficienze e problemi di produttività, così come adottare un approccio semplicemente “reattivo” nei confronti delle esigenze dei propri clienti. In più, bisogna cercare di abbandonare il luogo comune secondo cui il venditore è colui che vende tutto a tutti, semplicemente perché non è vero e non funziona in questo modo, ed evitare accuratamente tutto ciò che dimostri scarsa “connessione” con la propria azienda. Per esempio, presentarsi con brochure non aggiornate, non sapere dell’esistenza di una promozione, fare presentazioni non allineate con la comunicazione dell’azienda e via dicendo. Tutto ciò dimostra scarsa professionalità del venditore, ma anche un’azienda alle spalle con qualche evidente limite gestionale.
La tecnologia condiziona le tecniche di vendita e ha un impatto importante nei confronti di tutto il processo, che, grazie ad essa, diventa più semplice e molto più efficace. È la tecnologia che, rispetto anche solo a dieci anni fa, ha reso venditori e buyer estremamente più informati e competenti, è sempre la tecnologia che ha portato la collaborazione tra i team di lavoro a livelli impensabili, è ancora lei che ha favorito la transizione verso modelli data-driven che condizionano le vendite a tutti i livelli.
Per fare un esempio, un tempo era pressoché impossibile per il direttore commerciale comprendere precisamente i motivi del successo di alcuni e dell’insuccesso degli altri, nonché definire strategie di sicuro impatto. Non che non esistessero strumenti, ma in assenza di dati certi e gestibili in tempo reale, era quanto meno difficile spiegare determinati risultati, identificare pattern o rilevare tecniche con la più alta probabilità di successo. Ormai, qualsiasi tipo di relazione con un cliente, potenziale o effettivo, può essere monitorata, tracciata e da essa possono essere dedotte informazioni essenziali ai fini dei risultati. Si parla poi di sales automation identificando quel complesso di attività che, all’interno di un ciclo di vendita, possono essere automatizzate per evitare errori, dimenticanze o perdite di informazioni.
Questo riguarda l’intero processo di vendita, che grazie a CRM, CPQ e sistemi per la forza vendita, può essere fortemente digitalizzato e portato ai massimi livelli di produttività. Ma che impatto ha la tecnologia nei confronti delle tecniche di vendita, ovvero del modo in cui viene gestito il processo? Per comprenderlo, può essere utile tornare su di qualche paragrafo e rileggere i pilastri delle tecniche di vendita di successo: ecco, la tecnologia li influenza tutti.
La premessa è che sono la tecnologia e la connettività ad aver reso buyer e venditori estremamente competenti e informati su tutto. Ma non solo: si può approfondire il discorso pensando al fatto che oggi, proprio grazie alla tecnologia e agli strumenti mobile, è più semplice favorire il dialogo tra marketing e vendite e far sì che i secondi siano sempre aggiornati sulle novità dell’azienda: nuovi prodotti, varianti, aggiornamenti, piccole modifiche, listini, promozioni, tutto accessibile e a portata di tocco sullo schermo. Questo è molto importante ai fini della competenza e della professionalità dei venditori.
Come si è visto, la semplificazione è un pilastro di ogni tecnica di vendita realmente efficace. Ma si può “semplificare” il rapporto col cliente quando ci si basa su cataloghi cartacei che magari non sono aggiornati, su listini che vanno confermati telefonicamente e sul continuo interscambio di informazioni con la sede per l’autorizzazione di una certa percentuale di sconto? Grazie a strumenti mobile e a una connettività che ormai è always on per definizione, si può configurare un preventivo in pochi minuti, anche in settori complessi come le utilities o le telco, nell’assoluta certezza che non ci possa essere niente di sbagliato o di non aggiornato. I migliori tool a disposizione della forza vendita, oltretutto, funzionano anche offline.
La centralità del cliente è fondamentale per il successo di qualsiasi attività di vendita. Riuscire a comprendere le reali esigenze dell’interlocutore e ‘riassumerle’ in un’offerta mirata riduce le distanze tra le parti e porta ad aumentare le vendite. Grazie alla tecnologia, il venditore si presenta all’appuntamento conoscendo già il cliente (grazie ai dati presenti nel CRM), ma può accorciare ulteriormente le distanze configurando un’offerta su misura sotto gli occhi e con la collaborazione diretta del cliente stesso. Non dovendosi preoccupare di attività di data-entry, di farsi confermare prezzi e promozioni, il venditore può occupare tutto il suo tempo nello sviluppo del rapporto col prospect, adottando quell’approccio proattivo che è fondamento di successo.
I CRM, i CPQ, gli strumenti di sales automation e tutti i tool dedicati alla forza vendita rientrano nella macro-categoria della digital transformation. Il primo grande beneficio di questi strumenti sta nel rendere totalmente paperless le attività di vendita: eliminare la carta non significa solo ridurre i costi relativi, ma soprattutto automatizzare tutti i processi e i passaggi di dati. Gli strumenti più evoluti ed efficienti non solo permettono ai venditori di essere sempre aggiornati su prezzi, prodotti e novità, ma eliminano completamente i limiti di produttività delle vendite che hanno sempre condizionato queste attività. In particolare: errori, dati mancanti, procedure manuali, necessità di data entry nei gestionali dell’azienda e molto altro, che oltre a compromettere le vendite, generano un effetto fortemente negativo sulla brand reputation.